Fringe benefit: cosa sono e novità 2023

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Fringe benefit: cosa sono e novità 2023

La guida su cosa sono i fringe benefit, come funzionano, a chi spettano e quali sono le novità 2023 rivolte ai lavoratori dipendenti

I fringe benefit sono un tipo di retribuzione non in denaro erogata sotto forma di beni o servizi riconosciuti dall’azienda, che si aggiungono allo stipendio dei lavoratori dipendenti del settore privato.

Il fringe benefit non è né tassabile, né sottoposto a contribuzione entro una specifica soglia, pari a 258,23 euro all’anno.

Tale soglia, però, per il 2023 è stata innalzata dal Decreto lavoro convertito in Legge, che l’ha portata a 3.000 euro per i lavoratori con almeno un figlio. 

In questa guida vi spieghiamo cosa sono, a chi si rivolgono, come funzionano e in cosa consistono i fringe benefit con tutte le novità previste per il 2023, con alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate.

COSA SONO I FRINGE BENEFIT

I fringe benefit, noti anche come “compensi in natura” o “benefit aziendali”, sono compensi non monetari che un datore di lavoro offre ai propri dipendenti oltre al salario base. I fringe benefit, il cui significato dall’inglese è “benefici accessori” assumono la forma di beni o servizi e vengono dati in aggiunta alla retribuzione per migliorare la qualità della vita, il benessere e la soddisfazione del lavoratore.

Tra i fringe benefit rientrano ad esempio la macchina aziendale, il cellulare aziendale, i buoni pasto, sconti o abbonamenti per gli spostamenti, indennità, polizze assicurative per sé e/o per la famiglia, abbonamenti a palestra, etc. Fanno parte del cosiddetto pacchetto di “welfare aziendale“.

Istituiti dalla Legge di Stabilità 2016 – Legge 28 dicembre 2015, n. 208, il datore di lavoro li eroga riconoscendoli in busta paga come rimborsi, oppure come beni in natura o servizi accessori. In generale, il fringe benefit non è tassabile entro la soglia di 258,23 euro, né sottoposto a contribuzione perché considerato reddito non imponibile.

Per l’anno 2023, tuttavia, con il Decreto lavoro convertito in Legge (articolo 40), la soglia di non imponibilità è stata fissata entro i 3.000 euro per i dipendenti con figli.

Ma chi ha diritto ai fringe benefit? Vediamo a chi spettano e chi può usufruire dei finge benefit se il datore di lavoro li concede.

CHI PUÒ USUFRUIRE DEL FRINGE BENEFIT

Possono usufruire dei fringe benefit:

  • tutti i lavoratori dipendenti del settore privato. Quindi coloro che hanno un contratto di lavoro di tipo subordinato (a tempo determinato, indeterminato o apprendistato, tra cui operai, impiegati, quadri e dirigenti).

Nella misura sono compresi anche i percettori di reddito da lavoro assimilato a quello da lavoro dipendente, ovvero:

  • collaboratori tipo CO.CO.CO, amministratori, lavoratori autonomi occasionali;

  • altri soggetti percettori di redditi di lavoro assimilato, come per esempio i tirocinanti.

Restano esclusi gli statali a cui la disciplina dei fringe benefit non si applica. Si precisa che non esiste nessun limite reddituale, né soglia ISEE per vedersi riconosciuto il benefit in busta paga.

È importante sottolineare che il datore di lavoro non è obbligato a dare i fringe benefit, il diritto ai fringe benefit dipende dalle politiche e dalle decisioni aziendali. In alcuni casi possono anche essere negoziati attraverso contratti collettivi con i sindacati.

DATORI DI LAVORO CHE POSSONO EROGARE I FRINGE BENEFIT

Non vi sono distinzioni di settore, tutti datori di lavoro privati, secondo le proprie politiche di welfare possono decidere o meno se riconoscerli insieme alla retribuzione. In particolare, tra i datori di lavoro vanno intesi, sempre che dispongano di propri lavoratori dipendenti, anche:

  • i lavoratori autonomi e studi professionali;

  • gli Enti pubblici economici;

  • i soggetti che non svolgono un’attività commerciale.

Vediamo in che limiti si applicano i fringe benefit.

LIMITI IMPONIBILITÀ

L’articolo 51, comma 3 del TUIR ha fissato stabilmente a 258,23 euro la soglia di non imponibilità del fringe benefit. Cioè entro questa soglia i fringe benefit non sono tassabili, né sottoposti a contribuzione perché non considerati parte del reddito imponibile.

Cosa succede qualora il limite di 258,23 euro annui venisse superato? In caso di superamento di tale soglia, il valore del bene deve considerarsi interamente imponibile.

Negli ultimi anni questa soglia è stata modificata a più riprese. Il tetto era stato innalzato a più riprese nel 2022, come vi spieghiamo in questo focus, per rispondere alle esigenze del rincaro bollette. Gli aumenti dei fringe benefit fino a 3.000 euro sono stati poi ufficializzati dal Decreto lavoro convertito in Legge. Scopriamo i dettagli.

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FRINGE BENEFIT, COSA CAMBIA NEL 2023

Il Decreto lavoro convertito in Legge ha stabilito, per l’anno 2023, di innalzare fino a 3.000 euro la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit aziendali per tutti i lavoratori dipendenti con figli, così da andare incontro alle famiglie colpite dall’innalzamento dei prezzi conseguente alla spinta inflazionistica.

Attenzione però, l’aumento riguarda solo i lavoratori con figli. Per tutti gli altri lavoratori senza figli, la soglia dei fringe benefit non tassabili, resta a 258,23 euro. I dettagli li ha specificati l’Agenzia delle Entrate nella Circolare AdE n. 23 del 1° agosto 2023. Non è un caso che la misura è stata anche chiamata bonus 3 mila euro per dipendenti con figli a carico.

COME FUNZIONANO I FRINGE BENEFIT

I fringe benefit fanno parte della macro categoria dei “compensi in natura”, cioè sono quella parte di retribuzione che non è corrisposta dal datore in denaro, bensì attraverso l’erogazione di beni i servizi.

Tali benefits possono essere riconosciuti a categorie di dipendenti oppure, solo ad alcuni di essi, come vantaggi accessori per la particolare mansione svolta. In ogni caso, rientrano nel più ampio gruppo delle politiche di welfare aziendale, ovvero servizi e beni che l’azienda riconosce in aggiunta alla retribuzione economica. I programmi di welfare aziendale sono una strategia adottata dalle aziende per attrarre talenti, migliorare l’ambiente lavorativo, rendere felici i propri dipendenti, aumentare la produttività e incoraggiare la fedeltà dei lavoratori.

L’erogazione di tali aiuti però – è bene precisare – non è obbligatoria. Il datore di lavoro può decidere o meno se riconoscere i fringe benefit insieme alla retribuzione. Ma cosa può rientrare nei fringe benefit? Vediamolo insieme.

COSA RIENTRA NEI FRINGE BENEFIT 2023

Nei fringe benefit rientrano svariati tipi di beni e servizi “tangibili”, cioè non compensi in denaro, ma “in natura”. I più comuni, a titolo non esaustivo, sono:

  • auto aziendali, o meglio “auto ad uso promiscuo”;
  • buoni pasto;
  • telefono cellulare, tablet, PC, smartphone;
  • abitazioni in locazione, uso o comodato;
  • polizze e assicurazioni sanitarie o sulla vita;
  • prestiti agevolati;
  • borse di studio.

benefits possono essere erogati ai dipendenti anche tramite voucher o buoni acquisto. In questi casi, il riconoscimento di beni o la fornitura di servizi ad opera del datore avviene attraverso il rilascio di documenti di legittimazione (cartacei o elettronici), contenenti un valore nominale.

COSA NON RIENTRA NEI FRINGE BENEFIT

Nei fringe benefit non rientrano prestazioni, beni e servizi che sono previsti all’articolo 51 comma 2 del TUIR. Parliamo dei cosiddetti “Flexible benefit” tra cui rientrano, ad esempio:

  • il rimborso delle rette scolastiche:
  • il rimborso dei libri e testi scolastici;
  • viaggi e vacanze con finalità ricreative o culturali;
  • medicina preventiva e diagnostica.

La differenza tra flexible benefit e fringe benefit è che i primi sono beni, prestazioni, opere e servizi specifici che rientrano tra quelli previsti all’articolo 51 comma 2 del TUIR. I flexible benefit non concorrono, senza alcun limite, alla formazione del reddito di lavoro dipendente, né alla formazione della base imponibile previdenziale. Nell’interpello 421 del 25 agosto 2023, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito anche che non rientra come fringe benefit, il rimborso delle spese connesse alla ricarica delle auto aziendali elettriche assegnate in uso promiscuo ai dipendenti.

In sostanza, l’Agenzia ha sottolineato che il consumo di energia elettrica non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro come fringe benefit, ma costituisce un rimborso di spese sostenute dal lavoratore che costituiscono reddito di lavoro dipendente. Il TUIR prevede, infatti, l’eccezione solo per:

  • le spese sostenute nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, quali ad esempio l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore;

  • le spese per trasferte giustificate analiticamente.

Adesso, vediamo come si calcola il fringe benefit in busta paga.

COME VIENE CALCOLATO IL FRINGE BENEFIT IN BUSTA PAGA

Il fringe benefit viene calcolato tenendo conto del costo unitario del servizio o bene offerto al dipendente, rapportato al mese. Il costo del benetif (fringe benefit annuale), quindi, deve essere diviso per 12. In questo modo si avrà come risultato il fringe benefit mensile da accreditare in busta paga, ovvero la voce di importo da inserire nella busta paga del dipendente.

Sono tassati in busta paga nel 2023 i servizi corrispondenti a un costo che supera la soglia di 258,23 euro (nel caso di lavoratori senza figli) o sopra il tetto di 3.000 euro (nel caso di lavoratori con almeno un figlio). Entro questa soglia non incide neppure sul TFR. Al superamento della soglia l’intero valore del benefit concorre a formare il reddito.

COME RICHIEDERE I FRINGE BENEFIT

Per ottenere i fringe benefit, il lavoratore deve fare richiesta al proprio datore di lavoro. Nel caso del bonus 3 mila euro per dipendenti con figli a carico (ovvero il fringe benefit con soglia non imponibile fino a 3.000 euro per il 2023), il lavoratore deve dimostrare inoltre al suo capo di aver diritto a questa misura. Come? Indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico. Non essendo prevista una forma specifica per la richiesta di fringe benefit, la stessa può essere resa secondo modalità concordate tra le due parti.

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